Ovvero, del perchè secondo me un avatar con la propria foto è la scelta migliore.
Il mio pensiero, condivisibile oppure no, è che metterci la faccia responsabilizza, o quantomeno non consente di nascondersi dietro ad una immagine più o meno anonima.
E in questo momento, in cui i discorsi sull’identità digitale sono quasi all’ordine del giorno, non mi sembra una cosa da sottovalutare.
Il pensiero non è recente, in effetti risale ad un intervento al RomagnaCamp dello scorso settembre, ma mi è capitato di riformularlo lo scorso sabato, in occasione della toccata e fuga al BarCamp fiorentino (la foto sopra mostra uno scorcio della bellissima location, le Murate in Firenze).
Volgendo lo sguardo a destra e a manca in cerca di qualche volto noto del quale si era certi della presenza, mi sono sentito chiamare per nome da Dario, che non seguo e non mi segue (ora si :) ) su nessun social network, e che evidentemente mi ha riconosciuto dall’avatar (e con buona memoria, visto che la scelta di valicare l’Appennino è stata fatta senza alcun annuncio).
Ora, è chiaro che in questo caso la presenza della foto è servita puramente a fare networking dal vivo, ma non nascondo di essere rimasto piacevolmente colpito dalla cosa.
Metterci la faccia serve!
Alla prox