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L’ultima sigaretta

La vecchia signora si trascina lenta lungo il muretto di fronte all’albergo, la mano destra che scorre il corrimano, la sinistra che stringe con attenzione la sigaretta. E’ tardi e fa freddo, ma la vecchia signora non se ne preoccupa, vestita adeguatamente e con le spalle coperte da uno scialle bianco; deve compiere il suo rito, l’ultima sigaretta prima di coricarsi. Le abitudini, si sa, sono dure a morire, soprattutto quelle brutte, e fuma quell’ultima sigaretta ormai da cinque anni, data nella quale avrebbe dovuto smettere, volontariamente o meno; poi, però, i giorni sono diventati settimane, poi mesi, poi ancora anni, e lei ha scelto di continuare per la sua strada. Ha preso l’abitudine di dedicare quei tiri ai cari che sono venuti a mancare negli anni, amici, parenti, mariti, a rotazione, uno per sera. Portato a termine il rito getta il mozzicone sulla strada, a spegnersi da solo, non ci pensa nemmeno ad alzare un piede per pestarlo, che le gambe sono diventate troppo pesanti. Apostrofando con un “Beata gioventù” il ragazzo con la felpa rossa che le passa davanti in bici si appresta ad andare verso l’entrata dell’albergo, felice di aver chiuso un’altra giornata. Domani si vedrà, pensa, magari questa è stata davvero l’ultima sigaretta.

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