Si comincia con uno spazio bianco. Non dev’essere necessariamente carta o tela, ma secondo me dev’essere bianco. Noi diciamo bianco perché abbiamo bisogno di una parola, ma la definizone giusta è «niente». Il nero è l’assenza della luce, ma il bianco è l’assenza della memoria, il colore del non ricordo.
Come ricordiamo di ricordare? È una domanda che mi sono posto spesso dopo Duma Key, spesso nelle ore piccole della notte, perdendo lo sguardo nell’assenza della luce, ricordando amici assenti. Certe volte in quelle ore piccole penso all’orizzonte. Bisogna stabilire l’orizzonte. Bisogna segnare il bianco. Un atto abbastanza semplice, direte, ma ogni atto che rifà il mondo è eroico. O così sono giunto a concludere.
[Ho cominciato due post ieri sera, uno personale e uno tecnico; mi sembrava di avere delle cose interessanti da dire, e ci tenevo a dirle. Poi, ad un certo punto, mi sono fermato e ho riletto le frasi, e mi sono detto “Embè? E allora?”. E niente, ho cancellato entrambe le volte il testo, rimanendo con la textarea di inserimento completamente bianca. Vuota. Mi è venuto in mente l’incipit di Stephen King in Duma Key, e ci ho riempito il bianco di cui sopra. E questa cosa potrebbe spiegare un po’ il perché delle quadre, penso.]