Ancora me la ricordo, quella sera.
Eravamo in pizzeria con gli amici, ormai a fine cena, in attesa di proseguire la serata nella casa nuova di una coppia, per festeggiare. Eravamo in fila alla cassa, io uno degli ultimi, e guardavo distrattamente la piccola televisione che avrebbe dovuto far compagnia al pizzaiolo. Ad un certo punto sono rimasto colpito da un viso noto, sullo schermo. Mi sembra fosse il TG1, forse una edizione straordinaria, ma non ci giurerei. Fa niente. Non capivo cosa fosse successo, il volume era basso ed era coperto dal brusìo della gente ai tavoli, però sentivo che non era una cosa bella. Mi sono avvicinato alla televisione e intanto le immagini passavano dalla sua faccia alle auto della Polizia con i lampeggianti accesi, ferme davanti a quello che sembrava un hotel. Poi ricordo che, quasi raggiunto il pizzaiolo, ho sentito la voce dell’annunciatrice “… Come dicevamo in apertura, il noto ciclista Marco Pantani è stato rinvenuto cadavere nella sua stanza al residence Le Rose di Rimini…”. O qualcosa di simile.
Fatto sta che mi si è gelato il sangue nelle vene, e doveva vedersi anche da fuori perché Michela mi ha chiesto se stavo bene e le ho detto “No cazzo, Marco è morto”, senza specificare, ché non ce n’era bisogno. Ricordo che poi a casa di quella coppia ci siamo andati tutti ugualmente, però l’atmosfera era cupa, tipo quella che si percepisce nei film americani quando fanno i rinfreschi, o come si chiamano, per i funerali: voci basse, diversi a seguire la TV cercando di mettere assieme le notizie frammentarie che arrivavano, i padroni di casa intenti a portare in giro stuzzichini e bevande. Mi sa che quella sera, quel 14 febbraio 2004, non me lo dimentico più, no, ché se ne è andato uno che proprio non se lo meritava.
Ciao, Marco.