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Di hijab e maschere (per l’ossigeno)

Carnevale

Domenica ho accompagnato la settenne al Carnevale di Crevalcore (BO), (sì, sono arrivati un po’ lunghi con i festeggiamenti, ma solo per motivi puramente organizzativi) e ci sono un paio di cose che volevo raccontare.
Il hijab.
Se non sai cosa è, guarda qui. Ce ne erano tante di donne e ragazze velate in questo modo, con colori sgargianti e disegni elaborati. Perfettamente inserite in quel clima festoso. Ma tante proprio. Soprattutto se si considera che Crevalcore conta 13mila e rotti abitanti. È una osservazione puramente statistica, questa, e da dietro l’obiettivo della macchina fotografica ho avuto la forte impressione di trovarmi in un paesino in cui le due culture si sono bene integrate. Le donne più grandi erano assieme ai loro figli e compagni, mentre quelle più giovani giravano in gruppi, spesso misti. Non fosse stato per l’abbigliamento, non c’erano differenze rispetto alle famiglie degli indigeni. È stata una bella impressione.
Le maschere, quelle per l’ossigeno.
Il mio pomeriggio di festa ha subìto uno scossone, ad un certo punto. Il carro dei colleghi, sul quale si trovava la settenne, assieme agli altri carri ha percorso per tre volte un circuito attorno al centro cittadino. Io seguivo, o precedevo, a seconda dei momenti, la carovana a piedi, cercando qualche soggetto da fotografare. Insomma, ad un certo punto, in una strada secondaria, tengo l’occhio nel mirino per mettere a fuoco l’ennesimo lancio di coriandoli e mi accorgo che nell’edificio alla mia destra, dietro una grande vetrata, ci sono molte facce che guardano la strada. Stupito mi sposto per evitare il riflesso sul vetro, e capisco al volo che si tratta di un ospizio. Le facce, tutte rugose, corrispondono ad altrettanti anziani, quasi tutti su sedie a rotelle, buona parte con la maschera dell’ossigeno. Non mi è chiarissimo perché le mascherine mi abbiano colpito così tanto, probabilmente perché erano maschere di tristezza, contrastanti con le maschere di allegria che indossava la gente, oltre il vetro, nella strada. Quella vista lì, improvvisa, quei tubicini, quegli occhi vacui, non mi aspettavo tutto questo, e mi sono gelato, bloccato.
E niente, il carnevale alla fine è stato bello, mi sono divertito anche io che generalmente sopporto a fatica questo tipo di eventi, e qui, se interessa, c’è il photoset completo.

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