Capita che ti trovi a scrivere una cosa a quattro mani con una amica, una cosa tu ed una lei, e via, ognuno seguendo il flusso dei propri pensieri. L’ultima battuta è stata tua, sei soddisfatto, le metafore che hai usato rendono bene, e ora tocca a lei. Lavori, fai altro, non ci pensi. Poi un (1) nel tab di GMail, il primo in alto a sinistra nel browser, quello che è praticamente sempre aperto, attira la tua attenzione.
“E tu? in tutto questo, tu?”
Leggo quella singola frase due, cinque, dieci volte. Altrettante controllo il mittente.
Lei, l’amica, non lo sa – ora, se legge il post, sì – ma è una gran mazzata, al sapore amaro di déjà vu. Estrapolata dal gioco di scrittura e sbattuta nella vita reale, è un invito ad un bilancio, cosa che – da qui il déjà vu – sto facendo da un po’. E tirate le somme, il numeretto tende al negativo.
Io, in tutto questo, non vado bene.
Sono vuoto.
Arrabbiato.
Cerco lo scontro, fortunatamente non con tutti.
Noiosamente cinico.
Un esempio? Le bombe di Boston. Dopo l’iniziale dispiacere, semplicemente non me ne frega un cazzo. Suona malissimo, ne sono consapevole, ma è così.
Non mi riconosco e mi faccio paura.
“E tu? in tutto questo, tu?”
Io? Non lo so, fatico a capire chi sono.