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Il numero perfetto

Lo senti già alle 17, quando la giornata ti ha avuto, non c’è bisogno di arrivare in fondo.
Il tragitto verso casa è più lungo del solito, camion apecar furgoncino, più di uno e in ordine sparso, coi nervi cominciano a scricchiolare vistosamente.
Incrocio il mio sguardo nello specchietto retrovisore, occhi torvi e scavati, e mi dico che sì, oggi mi hanno avuto.
A casa mi accolgono i piatti nel lavabo, i panni da stendere, gli altri da stirare.
Bentornato.
Il primo è per sganciare il volano che ho in testa, rovente per l’attrito senza soluzione di continuità.
Salgo. Mi spoglio.
La cornetta della doccia penzola a testa in giù, una vite da stringere mi auguro.
Scendo, prendo un pezzo di nastro americano, e la cornetta è a posto.
La doccia fa il suo lavoro, e ne esco ripulito dentro e fuori.
Ceno, o forse no.
In uno slancio di vigore mi libero dei piatti sporchi, dandomi ad alta voce del coglione per non averli lavati subito, sapendo comunque come andrà a finire. Intanto però il lavabo ringrazia.
Mi siedo al tavolo, temporeggiando con lo smartphone in attesa che la moka venga su.
E-mail, Facebook, i film in prima serata, Instagram.
Caffè.
Il secondo è per me, perché me lo sono meritato, diobò.
Alla TV non c’è nulla di interessante, così pesco dall’archivio e metto su un film. Cabal, stasera.
Bevo molta acqua, per fare il bravo.
Il film finisce, dovrei andare di sopra ma ancora non ho abbastanza sonno. La scelta ricade sul canale 56, Focus.
Il terzo è per quel cucchiaio che ogni tanto si mette a scavare dietro l’occhio destro, e cerco di prenderlo in tempo, prima che diventi un mestolo.
Nel frattempo ho imparato cose interessanti sulla storia dell’acciaio e sull’impatto che ha avuto sulla società, ho scoperto che gli UFO, se esistessero, sarebbero un mistero.
Il terzo è quello della buonanotte, senza tante storie.
Mi trascino di sopra, tiro su il lenzuolo, buio, in sottofondo una webradio di jazz.

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