Della frase mi interessa l’intendere la scrittura di programmi come un atto creativo.
Ditemi chi devo ringraziare per l’essermi appassionato alla programmazione, tanti anni fa, e lo farò. La scrittura di programmi è un angolo tranquillo nel quale rifugiarsi, ogni tanto. Il fine non è importante, anzi a volte nemmeno c’è, si scrive codice e basta, fine a se stesso, per il puro atto terapeutico del farlo. È anche quel piccolo massaggio all’ego per chi, come me, non ha altre velleità creative (o per lo meno ne ha altre, ma che non danno la stessa soddisfazione). Costruisco un qualcosa, con le mie mani, secondo le mie regole, regole che possono seguire una logica più o meno discutibile, senza dubbio, ma è un qualcosa di cui conosco perfettamente il funzionamento, e al quale posso metter mano per correggere un eventuale bug.