(*) da intendersi come congiunzione, non come plurale.
Qualche tempo fa parlavo con un amico del fatto che mi sono accorto di essere diventato qualcosa che somiglia molto ad uno stronzo cinico, e del fatto che questa cosa, quando ci penso, mi stupisca sempre un po’. Lui, mente illuminata, mi dice “Ma Cala, guarda che è normale, quando si sta così, è così che si diventa.”. Secco, senza tanti giri di parole. Poi capita a fagiolo una seduta dalla doc: topic simile, la riduzione ai minimi termini, il rigetto delle seghe mentali e della cavillosità e di chi ne è portatore, l’avere bisogni basici e il soddisfarli in maniera altrettanto basica (cit.) (questo è stato illuminante, tu-sai-chi). Breve introduzione. Le sedute sono delle lunghe chiacchierate relative a quello che mi succede tra un incontro e l’altro; molto spesso accade che l’analisi che faccio su me stesso sia la stessa che fa lei dall’altra parte della scrivania, e dunque un “Massimiliano no, su questo non sono d’accordo con lei.” arriva piuttosto forte, e mi fermo, i gomiti appoggiati al tavolo e le mani a calice sotto il mento, ad ascoltare. Il discorso verteva sulla rudezza e l’essenzialità della forma, e l’affermazione contestata era il mio “va bene così”: lei l’ha presa e l’ha fatta diventare “va bene ANCHE così”. Sembra una modifica da nulla, una parola aggiunta lì per lì, ma sotto c’è molto. Non so chi abbia ragione in questo caso, ma ogni tanto ci rifletto, e comunque le ho detto “Cazzo, ma lo sa che lei è davvero brava?” Grasse risate da entrambi i lati del tavolo, “La saluto, ci vediamo tra un paio di mesi, buona giornata.”.