C’è questa sorta di filo conduttore al quale sono appesi i pensieri di questa settimana, e l’argomento è lo stesso: le parole, il saperle usare, il sapersi esprimere. Il lavoro che svolgo mi mette a contatto continuamente le persone, loro mi chiamano, io le ascolto e cerco di risolvere i loro problemi. E una percentuale alta di queste persone sembra non essere in grado di usare le parole corrette per esprimere i propri problemi, le proprie necessità: frasi costruite a cazzo di cane, termini usati al posto di altri (no, non sinonimi, proprio parole sbagliate) e altre amenità del genere. A parte il fatto di complicarmi la vita, questa cosa è straziante, mi fa venire la nausea e invocare l’asteroide ogni due per tre. E mi astengo dal parlare di ciò che vedo al di fuori della mia bolla dorata. L’ignoranza è dovunque, non solo sembra essere stata sdoganata ma addirittura sembra sia una cosa figa, quasi da ostentare; e non mi stupisco più di tanto che accadano i fatti di cronaca successi negli ultimi giorni: la gente ignorante la si manipola con troppa facilità, cristo. La cultura è bella, l’esprimersi correttamente è importantissimo, e una frase ben costruita è addirittura sexy, tanto che, ti dirò, l’idea di un congiuntivo azzeccato o la punteggiatura al posto giusto mi stuzzica tanto quanto quella di un pompino. E non c’è niente da ridere.