Categoria: appunti di viaggio

  • Lettera aperta ad un costruttore di automobili

    Amico costruttore di automobili, ti scrivo questa lettera aperta per darti – in quanto utilizzatore delle tue costruzioni – un consiglio, un piccolo suggerimento. Seguo con interesse gli sviluppi della tecnologia automobilistica, sono affascinato dalle dimostrazioni delle auto a guida automatica, e quindi, con lo sguardo verso il futuro, mi chiedo: perché non dotare le automobili di un dispositivo che impedisca l’accensione degli abbaglianti in autostrada? Vuoi per distrazione, vuoi per fallocefalìa, molti automobilisti peccano, da questo punto di vista, ed io, da parte mia, risparmierei di muovere dei bilichi di porchiddii ogni volta che oltrepasso un casello.

    Dai così, viva l’auto del futuro.

    Massimiliano

  • Una bomba a tempo

    “Ecco cosa sei. Sei una maledetta bomba a tempo, accidenti.”

    L’affermazione ad alta voce mi coglie impreparato in uno dei rari momenti in cui gli auricolari non emettono alcun suono. La ragazza siede di fronte a me, a fianco di una donna di mezza età che indossa il hijab, il velo islamico. I suoi lineamenti sono vagamente orientali, quindi potrebbero essere parenti, ma durante il tratto percorso insieme non si sono rivolte alcuna parola, dunque non so. Potrebbe avere una quindicina di anni, ed è totalmente sprofondata dalla musica che esce dai suoi auricolari; riemerge ogni tanto dalle profondità per controllare le notifiche dello smartphone, probabilmente dei messaggi in chat. E non serve sbirciare alle sue spalle per capire il tono dei messaggi, basta guardarla in volto: è come se indossasse una maschera di gomma con capacità espressive incredibili. Stupore, complicità, un bonario rimprovero, è tutto lì, tra i suoi muscoli facciali. Fortunamente gli auricolari riprendono il loro lavoro, così riesco a smettere di fissarla con insistenza, ché non ho voglia di rompere le balle a nessuno, e comincio a giocare di sponda, usando il riflesso del vetro. Una bomba a tempo, ha detto, voglio capirne di più. La vedo leggere il schermo dello smartphone ancora un po’, ogni tanto solleva gli occhi per vedere se qualcuno la fissa, poi di nuovo giù, e finalmente sposta il telefono sotto il maglione che ha, piegato, sulle gambe. Dal morbido della lana emerge un piccolo libro, aperto, e in mezzo alla V delle pagine un biglietto del treno, per segnalibro. Boooom, mistero svelato. Prende in mano il biglietto, e comincia a fissarlo, e lo fa per quattro minuti buoni, me lo ricordo perché nel frattempo mi sono ascoltato tutta Indifference dei Pearl Jam. Un guardare monoespressivo, questa volta, gli occhi fissi e molto stretti sulle scritte del biglietto, come se i caratteri perdessero coesione cominciando a formare chissà quale disegno. Dunque il biglietto le ha fatto tornare a mente un ricordo, non positivo direi, dalla reazione che ha avuto, e parecchio intenso. Sarà stato un viaggio intero, oppure solo il ritorno? Sarà stata una persona specifica, oppure il luogo e basta? Questo non sono riuscito a comprenderlo, purtroppo. Mollo il colpo e mi perdo nei miei pensieri, valutando per un attimo se possa essere curioso tirare fuori il mio innocuo, disinnescato Kindle.

  • Falling down

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    Mi sveglio con una patina di sudore sulla pelle scoperta, l’umidità della notte entrata dalle fessure degli scuroni che comincia a scaldarsi e appesantirsi e appoggiarsi su tutto il contenuto della stanza. Fuori, la brezza che arriva dal mare mi da un leggero sollievo, ma la sensazione dura poco e le prime gocce di sudore cominciano il loro percorso in discesa lungo la spina dorsale. La macchina è già un forno, ventilato appena apro i finestrini. Dagli stessi entra un odore pungente di resina calda, resina che si raffredda e solidifica attorno alla mia testa in un cerchio di dolore in divenire. Scendo dall’auto con il segno della cintura ben impresso sulla t-shirt, e l’ufficio mi accoglie come ripieno di invisibile gelatina. Il ventilatore fa sforzi inutili, l’unico effetto è quello di spingere in profondità il cerchio di resina dolorosa. Due gocce di sudore danno il la, partono assieme acquistando velocità e dimensioni e si infrangono rispettivamente sul tavolo e sul pavimento. Controllo la posta in arrivo con le braccia già incollate alla scrivania, poi salgo sull’auto aziendale e partendo mi godo il turbinio dell’aria condizionata che comincia a fare il suo dovere. Il sole entra di lato, dalla mia parte, scaldandomi la coscia sinistra e graziando l’altra. Rimpiango gli occhiali scuri, lasciati nella mia macchina; il cerchio continua a stringersi, a stringere. Il ritorno, diverse ore più tardi, è un tormento. L’effetto dell’aria condizionata si è annulato in pochi secondi, durante le tappe di carico e scarico, lasciandomi con la maglia inzuppata fastidiosamente aderente alla pelle. L’antidolorifico non sembra avere intenzione di fare effetto, il condizionatore è solo un ronzio rumoroso, negli occhi ho degli aghi di luce riflessa dai particolari simil-cromati degli interni dell’auto, e gli Zeppelin vengono brutalmente interrotti da una inutile telefonata di lavoro. Desidero l’ombra, una leggera brezza naturale, la superficie lievemente increspata del mare, nella quale galleggiare a corpo morto, come una immensa camera di deprivazione sensoriale. E invece.

  • SS309 Romea

    Ogni volta che ci passo, sulla Romea, penso la stessa cosa, ovvero che mi piacerebbe percorrerla su due ruote, magari in bici, per potermi fermare senza problemi e fotografare la miriade di cose che passano davanti agli occhi. Paesaggi, specchi d’acqua, e tutta una serie di edifici commerciali risalenti agli anni ’70, chiusi e abbandonati da decenni, decadenti e affascinanti allo stesso tempo. Sarebbe senza dubbio un viaggio atipico, però questa cosa mi manca, un viaggio senza meta, anzi, meglio, un viaggio che è Viaggio e Meta allo stesso tempo.

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  • Vietato attraversare i binari

    «Vietato attraversare i binari»
    Questa cosa la sanno anche i sassi, è pericoloso e non si deve fare. Fa parte di quelle regole che impari a rispettare, tipo non usare la corsia di emergenza per sorpassare oppure non passare davanti in una fila di persone. Poi però capita di essere costretti ad infrangerle, le regole, come in stazione a Bellaria, stazione che ha solo due binari e nessun sottopassaggio, e allora sei costretto a zampettare tra i binari; e niente, lo faccio, però ecco, mi sento un po’ sporco dopo.

  • La camera

    La camera

    Seguiamo la ragazza della reception su per una scala a chiocciola, comoda, non sacrificata come le scale a chiocciola che si vedono in giro. Poi lei (è dell’Est, di sicuro, forse russa, carina. L’ho notato, ma in effetti non è pertinente) gira a destra, e di fronte a due porte messe ad angolo prende quella a destra. La apre, e dentro c’è il marrone. Mi colpisce, questa macchia indistinta che sembra permeare tutta la stanza; poi gli occhi si abituano alla poca luce, poi la ragazza la accende, la luce, e così dal marrone emergono il letto e le pareti, entrambi bianchi. E alla luce vedo che il marrone non è tutto uguale: scuro, scurissimo, quello del parquet, delle travi e della scala ripida che porta al soppalco, più chiaro quello dell’armadio e del resto dei mobili. Il soppalco spacca. Corre lungo la V rovesciata del tetto, è basso ma senza soffocare, e ospita un letto matrimoniale e due letti singoli, anch’essi coperti da un copriletto bianchissimo. La sensazione che mi trasmette la stanza è strana, un misto tra il calore delle case di legno in montagna e la mobilità della cabina di una barca. Curioso. Poi, di notte, la stanza scricchiola. Son lì, steso nel buio, con la 6enne che ha già il sonno pesante (e un ginocchio piantato nel mio fianco), in attesa che arrivi Morfeo a fare il suo lavoro, e ascolto i rumori. E’ un ascolto disincantato, non mi metto a fare viaggi mentali su topi o presenze varie ed eventuali, ascolto e basta, e dio come è bello.

  • Appunti di viaggio

    Per stringere nuove amicizie, o almeno per conoscere nuove persone, usare la 6enne come case study. Fa impressione.

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  • Appunti di viaggio

    “Tratto con segnaletica sperimentale”.
    Di cartelli con questa dicitura, o qualcosa di simile, ce ne sono diversi nel tratto di A14 che percorro più frequentemente, e stanno ad indicare che ci si trova in un tratto di strada avente degli indicatori visivi atti a fornire una stima qualitativa della visibilità. Mi dicevo, ieri notte, staranno facendo una sperimentazione accurata, ché è da quando ho la patente che li vedo.