Categoria: copiaincolla

  • Infinite Jest – 55%

    Inizialmente avevo pensato di scrivere qualcosa man mano procedevo con la lettura, poi però mi sono perso nei meandri di questa cosa immensa, e niente, mi limito a trascrivere le sottolineature fatte sul Kindle.
    È davvero una cosa im-men-sa.

    […] un uomo magro e giallognolo il cui sorriso fisso ha la precarietà delle cose impresse su materiale non-cooperativo

    Le mattine peggiori, coi pavimenti freddi e le finestre calde e la luce senza pietà – la certezza dell’anima che il giorno non dovrà essere traversato ma scalato verticalmente, e andare a dormire alla fine della giornata sarà come cadere da un punto molto in alto, a strapiombo.

    […] rimontare immediatamente in sella al cavallo emozionale

    […] come fosse ritagliato nella pasta di luna

    quando Schtitt espira fa dei piccoli suoni che variano in esplosività fra la P e la B.

    […] punti in cui le cose andavano in pezzi e si frammentavano nella bellezza pura.

    Nell’aria c’erano i fruscii illocalizzabili delle piccole cose viventi che escono di notte.

    Stice viene da una parte del Kansas cosí a sudovest che tanto varrebbe fosse Oklahoma.

    «Ragazzi», dice Hal sottovoce, «non è piú una cosa fisica. La parte fisica è solo pro forma. È sulle teste che stanno lavorando. Giorno dopo giorno, anno dopo anno. Un intero programma. Vi aiuterà a vedere il loro disegno. Ci dànno sempre qualcosa da odiare, odiare davvero tutti insieme mentre si avvicinano gli appuntamenti importanti

    Fatelo e basta. Non state a pensare se c’è un senso. Certo che non c’è un senso. Il senso della ripetizione è che non c’è senso.

    Uno virgolette chiuse virgolette sport di furore anale e berretti a quadri.

    Trattate le vostre ginocchia e i vostri gomiti con ogni ragionevole cura: resteranno con voi a lungo.

    «Amava quel genere di musica sognante e trasognata che aveva il ritmo delle cose lunghe quando oscillano».

    Che ci vuole un grande coraggio per mostrarsi deboli.

    La sbuffata di Pemulis suona come la lettera K.

    […] la risposta che era diventata aneddoticamente famosa: sí, be’, sí, in verità lui era davvero inebriato, ma la mattina dopo si sarebbe svegliato sobrio, mentre lei, cara signora, il giorno dopo avrebbe continuato a essere repellentemente e improbabilmente deforme.

    […] dagli occhi cosí spalancati da far intuire il tessuto cerebrale dietro il bulbo oculare

    Quanta voglia di morire deve avere una persona per infilare la testa in un forno a microonde?

    L’idea di ciò che sta per fare qui dentro contiene ogni altra idea e la rende banale.

    Continua a colpire finché non si apre un angolo. Fino a quel momento continuerà a colpire, instancabile. Sfianca gli altri giocatori, li finisce.

    […] avrebbe fatto meglio a dedicarsi a uno sport minore dove quello che colpisci non si alza per ricambiare.

    […] 40 yard, quel suo battesimale punt agonistico. In realtà era quasi un punt da 90 yard, con un tempo di volo che, come disse l’Assistente degli Special Teams, avrebbe consentito un rapporto sessuale tenero e affettuoso.

    […] «pensieri da marijuana». Si può capire dal fatto che Hal si è piegato in avanti per sputare poi si è perso in un’ellisse di pensiero paralitico e non ha ancora sputato, anche se si trova proprio nella posizione di sparo sopra il bicchiere Nasa.

    […] la sua faccia una maschera mortuaria di pietra tolteca.

    […] buco oscuro, altri denti, e una mano con gli artigli che culla qualcosa di irresistibile, e ora capisci che sei fregato, inculato a sangue, spogliato e fottuto e buttato da una parte come una bambola di pezza, condannato a rimanere per sempre nella posizione in cui atterrerai.

    Solo agli Aa di Boston si può sentire la storia di un immigrante di cinquant’anni che racconta in maniera lirica la sua prima defecazione solida da adulto.

    Sono assolutamente estranei a questa prerogativa tutta americana di dare l’assoluzione con l’ironia.

    I lampi graffiano il cielo a oriente, e fanno un bell’effetto nel buio della sala pesi perché Lyle sembra essere in una posizione leggermente diversa ogni volta che è illuminato dalla finestra sopra la macchina mano-polso-gomito alla sua sinistra, e sembra che nella stanza ci sia un Lyle diverso a ogni fulmine.

    «Comme on dit», disse Marathe, «utilitarienne. Massimizzare il piacere, minimizzare il dolore: risultato: ciò che è buono. Questi sono i tuoi Usa».

    «Noi non vogliamo costringere nessuno. Il nostro genio storico sta esattamente nel non costringere nessuno. Hai diritto ai tuoi valori per raggiungere il tuo massimo piacere. Finché non rompi le palle a me. Capisci adesso?»

    […] se la maggiore soddisfazione possibile in questo momento, en ce moment, consiste nell’intera porzione di Habitant, come posso io mettere da parte il desiderio di questo momento di romperti il capo e prendermi la zuppa? Come posso non pensare piú a questa zuppa e pensare alle zuppe che incontrerò in futuro sulla mia strada?

    Hal l’ha ascoltata per qualche minuto e ha detto a suo fratello che gli era sembrato il suono che fa la mente di qualcuno mentre si spezza proprio davanti alle tue orecchie.

    A volte cerca di girargli intorno per vedere se deLint ha davvero la coordinata z o se è solo un ritaglio o una proiezione bidimensionale.

    «Il cervello umano è molto denso; è la verità».

    […] si muovono lente, implacabili, calme e professionali eppure minacciose, con l’indifferenza tipica delle cose che stanno proprio in cima alla catena alimentare

    «L’analogia è che anche quelli che sanno che questo piacere li ucciderà, anche loro non si fermano».

    «Ho l’impressione che tu entri ed esci da diversi modi di parlare. Certe volte mi sembra che tu non voglia che io ti segua».

    Il loro percorso fino a qui è un Mondrian di stradine che si restringono sempre piú fino a diventare delle vere e proprie gole per tutti i cassonetti che le ingombrano.

  • È come piangere sotto anestesia

    È come piangere sotto anestesia: non senti niente, ti trovi tutte le guance bagnate e non sai perché, non capisci dove ti fa male, in realtà non sembra nemmeno che faccia male eppure deve essere così, altrimenti non piangeresti.

    L’ha scritto Ipazia, lo trovi qui

  • [Note] Così in terra, Davide Enia, p.169

    È sorprendente l’insistenza con cui le donne domandano agli uomini cosa stiano pensando. La risposta, il più delle volte, è semplice, come elementare è il maschio: a nulla. A volte, si sta soltanto osservando una macchia su un muro. A volte, è l’ascolto di un formidabile assolo di chitarra elettrica ad assorbire tutta l’attenzione. Non c’è nessun esercizio di logica. Ancor più stupefacente è come il maschio si senta in obbligo di fornire una risposta arguta e profonda che ne alimenti il fascino misterioso.

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  • [Note] Così in terra, Davide Enia, p.158

    Il mare era liscio. In quell’acqua di velluto, mi sentivo protetto.
    «Guarda, il movimento non parte dal braccio, ma dal centro del corpo, così, vedi? Devi concentrati sul bacino, Nina… Perché ridi? Ho detto una sciocchezza?»
    «È la prima volta che mi chiami Nina.»
    E partì. E io la vidi, mentre nuotava sbagliando tutti i movimenti, esattamente per quello che era.
    Perfetta.

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  • Gentile Sig. Terremoto – Marco Barbieri

    [Condivido questa cosa, letta su Friendfeed, scritta da Marco Barbieri di San Giovanni in Persiceto, non lo conosco ma gli sono vicino].

    Gentile Sig. Terremoto, c’è una cosa che non hai capito della mia terra, ora te la racconto: Per chiamarci non basta una parola sola : Emilia Romagna, Emiliano Romagnoli, ce ne vogliono almeno due; e anche un trattino per unirle, e poi non bastano neanche quelle. Perché siamo tante cose, tutte insieme e tutte diverse, un inverno continentale, con un freddo che ti ghiaccia il respiro, e una estate… tropicale che ti scioglie la testa, e a volte tutto insieme come diceva Pierpaolo Pasolini, capaci di avere un inverno con il sole e la neve, pianure che si perdono piatte all’orizzonte, e montagne fra le più alte d’italia, la terra e l’acqua che si fondono alle foci dei fiumi in un paesaggio che sembra di essere alla fine del mondo. Città d’arte e distretti industriali, le spiagge delle riviere che pulsano sia di giorno che di notte, e spesso soltanto una strada o una ferrovia a separare tutto questo; e noi le viviamo tutte queste cose, nello stesso momento, perché siamo gente che lavora a Bologna, dorme a Modena, e va a ballare a Rimini come diceva Pier Vittorio Tondelli, e tutto ci sembra comunque la stessa città che si chiama Emilia Romagna. Siamo tante cose, tutte diverse e tutte insieme, per esempio siamo una regione nel cuore dell’Italia, quasi al centro dell’Italia, eppure siamo una regione di frontiera, siamo anche noi un trattino, una cerniera fra il nord e il sud, e se dal nord al sud vuoi andare e viceversa devi passare per forza da qui, dall’Emilia Romagna, e come tutti i posti di frontiera, qualcosa da ma qualcosa prende a chi passa, e soprattutto a chi resta, ad esempio a chi è venuto qui per studiare a lavorare oppure a divertirsi e poi ha decido di rimanerci tutta la vita… in questa terra che non è soltanto un luogo, un posto fisico dove stare, ma è soprattutto un modo di fare e vedere le cose. Perché ad esempio qui la terra prende forma e diventa vasi e piastrelle di ceramica, la campagna diventa prodotto, e anche la notte e il mare diventano divertimento, diventano industria, qui si va, veloci come le strade che attraversano la regione, così dritte che sembrano tirate con il righello. E si fa per avere certo, anche per essere, ma si fa soprattutto per stare, per stare meglio, gli asili, le biblioteche, gli ospedali, le macchine e le moto più belle del mondo. In nessun altro posto al mondo la gente parla così tanto a tavola di quello che mangia, lo racconta, ci litiga, l’aceto balsamico, il ripieno dei torellini, la cottura dei gnocchini fritti e della piadina e mica solo questo, sono più di 4000 le ricette depositate in emilia romagna; ecco la gente lo studia quello che mangia, perché ogni cosa, anche la più terrena, anche il cibo, anche il maiale diventa filosofia, ma non resta lassù per aria, poi la si mangia. se in tutti i posti del mondo i cervelli si incontrano e dialogano nei salotti, da noi invece lo si fa in cucina, perché siamo gente che parla, che discute, che litiga, gente che a stare zitta proprio non ci sa stare, allora ci mettiamo insieme per farci sentire, fondiamo associazioni, comitati, cooperative, consorzi, movimenti, per fare le cose insieme, spesso come un motore che batte a quattro tempi, con una testa che sogna cose fantastiche, però con le mani che davvero ci arrivano a fare quelle cose li, e quello che resta da fare va bene, diventa un altro sogno. A Volte ci riusciamo a volte no, perché tante cose spesso vogliono dire tante contraddizioni. Che spesso non si fondono per niente, al contrario non ci stanno proprio, però convivono sempre. Tante cose tutte diverse, tutte insieme, perché questa è una regione che per raccontarla un nome solo non basta. Ora ti ho raccontato quello che siamo, non credere di farmi o farci paura con due giri di mazurca facendo ballare la nostra terra, io questa terra l’amo e come mi ha detto una persona di Mirandola poche ore fa… questa è la mia casa e io non l’abbandonerò mai.

    [UPDATE di dare a Cesare quel che è di Cesare] Marco quota questo pezzo di Lucarelli, aggiungendoci qualcosa di suo. Il risultato, comunque, non cambia.

  • Sulla Nove Colli

    [Momento nostalgia] Sul blog di Turismo Emilia-Romagna c’è un bel post sulla Nove Colli, lo trovi qui.

  • [Note] Lost, S6x12

    I morti sono molto più affidabili dei vivi.

    Hugo “Hurley” Reyes

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  • Ricordi (via A Chiare Lettere)

    Quindi decisi di mandarmi un messaggio, io piccola, a me adulta. Decisi di mandare in memoria quel pensiero, mentre lo pensavo da piccola, affinché potessi rivederlo intatto tra venti, trenta, quarant’anni. Mi misi a guardare bene fuori dal finestrino, assimilando tutti i dati con gli occhi, per registrarli nella memoria, e immaginavo la me adulta che mi avrebbe guardato. Mi chiedevo se sarebbe stata orgogliosa di me, o mi avrebbe deriso per quel ricordo che le stavo mandando, essendo io piccola e lei ormai adulta.

    Non so se è perché sono alle prese con Lost, e quindi mentalmente più sensibile al tema dei salti temporali, ma trovo che questa cosa qui sia bellissima.

  • [Note] Cimiteri – Storie di rimpianti e di follie, G. Marcenaro, p. 48

    Il 10.8 del calendario gregoriano corrisponde al 10 agosto. Quel giorno si celebra il martirio di san Lorenzo. Nella notte piovono le Perseidi, le lacrime del cielo.
    I napoletani indigenti, morti il 10 agosto di ogni anno dal 1762 al 1890, finirono sotto una lastra di pietra vulcanica contrassegnata con 10.8. La lastra si apriva su un vano di due metri per due, profondo dodici. All’altezza di dieci metri il pozzo aveva una grata, una specie di crivello, uno scolatoio di decomposizioni gocciolanti nel fiume sotterraneo che accoglieva sugo di cadavere. E questo per 366 tombe a pozzo, figurazione di un formidabile calendario funebre, in forma di crittografia astronomica, realizzato sulle pendici della collina di Poggioreale a Napoli. Con una previsione temporale perfetta – teneva conto anche degli anni bisestili.
    Il Cimitero delle 366 fosse l’ho potuto vedere soltanto in alcune fotografie pubblicate in un compassato libro di storia architettonica che trasforma il fenomenale delirio mortuario in un raziocinio tecnico. Per gli storici deve essere l’esempio più alto dell’Illuminismo applicato allo smaltimento di cadaveri. Nella sua compostezza, il cortile con le 366 botole è frutto di una visionarietà senza pari. Fu pensato, formidabile macchina funebre, come liquidatorio di salme per salvaguardare la salubrità dei vivi. Il suo rigoroso incalzare temporale, la fantasiosa applicazione del numero, della smorfia e della quaterna secca, esalta ancor più la città per la quale fu realizzato, capitale della superstizione e delle fatalità.

    Pianta del cimitero