Categoria: life

  • We’re married, bitch!

    Quale migliore occasione di un cambiamento radicale per rimettere le mani al blog?

    Ebbene sì, esattamente un mese fa io e Antonella ci siamo sposati! Il titolo riporta la sfacciataggine di chi gode come un matto per essere riuscito, a dispetto di figliolanze, distanze, varie ed eventuali, a compiere il grande passo.

    Ti racconto velocemente la nostra storia.

    La nostra storia nasce inizialmente grosso modo 28 anni fa, in maniera assolutamente casuale, come spesso accade alle cose più belle. Prosegue, proprio bella, con la leggerezza adolescenziale, e poi termina bruscamente, ancora a causa della leggerezza adolescenziale (la mia, mi dispiace amore) (ma su questo ci torno dopo [*]).

    Io sparisco e gli anni passano poi arrivano i figli poi le storie finiscono ma riusciamo in qualche modo a restare in contatto, gli amici comuni come collante. Poi, circa quattro/cinque anni fa, sempre grazie al collante di cui sopra, un lampo a ciel sereno: “Ma sai che Anto, quasi quasi, eh?”, dico a me stesso. Passa qualche mese, ed al termine di una serata assolutamente tranquilla, prendo la migliore delle decisioni: le metto la lingua in bocca. Lo so, il romanticismo non sta di casa qui, ma oh, ho seguito l’istinto, e WOW.

    Il resto, come si dice, è storia. Ed è la nostra <3.

    E adesso?

    Adesso continuiamo nel percorso che ci siamo dati, quello che ci porterà, il prossimo anno, a stare finalmente a tempo pieno sotto lo stesso tetto.

    Antonella, io la amo tantissimo.

    Tra di noi c’è questa enorme chimica, che riempie ogni sfera del nostro rapporto, e rende tutto davvero speciale. Tutto. E poi, non lo dimentico mai, mi ha tirato fuori a forza di braccia da uno stato di orsitudine estrema (i miei colleghi amano dire che fino a qualche anno fa bevevo l’acqua dalle pozzanghere, e trovo che renda molto bene l’idea), e di questa cosa le sarò sempre riconoscente. Grazie amore mio. Non so di preciso cosa lei possa aver preso di buono da me, ma so quello che ho avuto io: la profonda ostinazione di chi prova un amore grandissimo e ne trae la forza per continuare a crederci, a dispetto delle difficoltà. Grazie amore mio l’ho già detto?

    Intanto torno a questo [*]: quello che penso, da uomo di quaranta-ormai-sette anni, è che, al netto di essere sinceramente dispiaciuto per averla fatta soffrire tanti anni fa, ma amore mio, preferisco un milione di volte averti con me adesso, il nostro amore “maturo” è impagabile.

    E adesso?

    Adesso continuiamo nel percorso che ci siamo dati, costruendo la nostra famiglia, assieme ai ragazzi, pianificando viaggi (senza i ragazzi), divertendoci (la indovini con una), nella spensieratezza adolescenziale di un amore maturo (non so a lei, ma a me piace un casino questa definizione).

    (Una nota a margine su questo post: è stato abbastanza faticoso approcciarsi alla pagina bianca, ma mi è piaciuto. Sia mai la volta buona che ricomincio a scrivere?)

  • Una cosa bella del diventare grandi

    Una cosa bella del diventare grandi è che se verso metà pomeriggio ti viene voglia di fagiolini(*), dopo l’ufficio puoi fermarti al super per comprare i fagiolini e cucinarli per cena.

    (*) sostituire con cosa a piacere

  • Milestone

    L’omino della pizza a domicilio che riconosce al volo la tua voce e compila l’ordine come il completamento automatico di Chrome.

  • In un mix di fastidio, pessimismo e voltastomaco

    C’è questa sorta di filo conduttore al quale sono appesi i pensieri di questa settimana, e l’argomento è lo stesso: le parole, il saperle usare, il sapersi esprimere. Il lavoro che svolgo mi mette a contatto continuamente le persone, loro mi chiamano, io le ascolto e cerco di risolvere i loro problemi. E una percentuale alta di queste persone sembra non essere in grado di usare le parole corrette per esprimere i propri problemi, le proprie necessità: frasi costruite a cazzo di cane, termini usati al posto di altri (no, non sinonimi, proprio parole sbagliate) e altre amenità del genere. A parte il fatto di complicarmi la vita, questa cosa è straziante, mi fa venire la nausea e invocare l’asteroide ogni due per tre. E mi astengo dal parlare di ciò che vedo al di fuori della mia bolla dorata. L’ignoranza è dovunque, non solo sembra essere stata sdoganata ma addirittura sembra sia una cosa figa, quasi da ostentare; e non mi stupisco più di tanto che accadano i fatti di cronaca successi negli ultimi giorni: la gente ignorante la si manipola con troppa facilità, cristo. La cultura è bella, l’esprimersi correttamente è importantissimo, e una frase ben costruita è addirittura sexy, tanto che, ti dirò, l’idea di un congiuntivo azzeccato o la punteggiatura al posto giusto mi stuzzica tanto quanto quella di un pompino. E non c’è niente da ridere.

  • Buttare?

    Hai presente il momento in cui ti senti preso dal sacro fuoco del buttare e vorresti liberarti di un sacco di cose che trovi inutili? È figa sta cosa, ti riempie i giorni, ma mi domando, è meglio avere attorno roba che non serve, oppure avere dello spazio vuoto e un cazzo con cui riempirlo? Boh, ci dormo su.

  • La matematica del karma

    La sensazione è quella di aver chiuso un conto aperto diversi anni fa e di essermi messo in pari con il karma.

    Probabilmente questo post potrebbe chiudersi qui, un po’ criptico, un po’ intimista, tanto cazzi miei, ma ho voglia di scrivere ancora. Non è come la chiusura di un cerchio, è più tipo la fase di risalita di una cicloide allungata, che risale in funzione di ciò che si porta dietro ma non sa come proseguirà perché le variabili in gioco sono cambiate (in tutta onestà alla cicloide non interessa il percorso, a lei basta muoversi, me lo ha detto prima). Molto probabilmente va a finire che mando quella mail che avrei dovuto mandare già da un botto di tempo, Grazie, almeno uno dei due ha avuto la forza di dire basta.

    Let’s go. [Play]

  • Three in a row

    È la terza notte di fila che ti sogno.

    Ci sono state situazioni interessanti, momenti surreali, abbiamo sgridato, avuto paura, limonato.

    Pensavo, se ti sogno anche stanotte me la dai? Secondo me ci può stare, eh.

  • Anche (*)

    (*) da intendersi come congiunzione, non come plurale.

    Qualche tempo fa parlavo con un amico del fatto che mi sono accorto di essere diventato qualcosa che somiglia molto ad uno stronzo cinico, e del fatto che questa cosa, quando ci penso, mi stupisca sempre un po’. Lui, mente illuminata, mi dice “Ma Cala, guarda che è normale, quando si sta così, è così che si diventa.”. Secco, senza tanti giri di parole. Poi capita a fagiolo una seduta dalla doc: topic simile, la riduzione ai minimi termini, il rigetto delle seghe mentali e della cavillosità e di chi ne è portatore, l’avere bisogni basici e il soddisfarli in maniera altrettanto basica (cit.) (questo è stato illuminante, tu-sai-chi). Breve introduzione. Le sedute sono delle lunghe chiacchierate relative a quello che mi succede tra un incontro e l’altro; molto spesso accade che l’analisi che faccio su me stesso sia la stessa che fa lei dall’altra parte della scrivania, e dunque un “Massimiliano no, su questo non sono d’accordo con lei.” arriva piuttosto forte, e mi fermo, i gomiti appoggiati al tavolo e le mani a calice sotto il mento, ad ascoltare. Il discorso verteva sulla rudezza e l’essenzialità della forma, e l’affermazione contestata era il mio “va bene così”: lei l’ha presa e l’ha fatta diventare “va bene ANCHE così”. Sembra una modifica da nulla, una parola aggiunta lì per lì, ma sotto c’è molto. Non so chi abbia ragione in questo caso, ma ogni tanto ci rifletto, e comunque le ho detto “Cazzo, ma lo sa che lei è davvero brava?” Grasse risate da entrambi i lati del tavolo, “La saluto, ci vediamo tra un paio di mesi, buona giornata.”.

  • Una considerazione estemporanea sul sonno

    Durante le ultime due notti ho dormito male. Vuoi per il caldo nella stanza, vuoi per la treccia di fili e il borsello a lato, sono state due notti movimentate, un continuo rotolarmi da una parte e dall’altra. Ieri sera, ad un certo punto, durante l’ennesimo rotolamento mi sono ritrovato a formulare, piuttosto lucidamente, quasi da sveglio, un pensiero. “Cosa cazzo ti giri a fare da questa parte? Ci hai già provato ed è andata male”. Non mi era mai capitato. Poi vabbè, ho proseguito per non interrompere il ritmo di rotolamento.