Categoria: life

  • Ciclicità

    Ieri riflettevo sulla sensazione di vuoto che ho provato dopo aver pubblicato nel blog l’ultimo racconto, decisamente il più articolato e corposo che abbia scritto finora. Una sensazione di vuoto tangibile, impossibile da scambiare per qualcos’altro, ben definita. La sensazione l’avevo già provata in altre occasioni, ma non così forte, e molto probabilmente è direttamente proporzionale alle dimensioni di ciò che ho prodotto. Poi, sempre ieri, durante le varie cose che ho fatto, mi sono accorto che il senso di vuoto veniva meno, un poco alla volta, lentamente, ma calava. Grazie a cosa? Grazie ai pensieri che mi attraversavano la testa, grazie alle idee che mi venivano, grazie ai piccoli spunti che in qualche modo mi portavano al pensiero “Carino questo, e se ci scrivessi qualcosa a proposito?”. Analizzando anche gli episodi passati, mi sono reso conto che il mio approccio alla creatività, sia questa un racconto, un programma, una qualsiasi opera di ingegno, è un ciclo continuo di svuotamento/riempimento interiore, e la cosa mi affascina e spaventa un poco allo stesso tempo. Mi affascina perché sento di poter usare la creatività come medicina contro i momenti di down, e mi spaventa perché temo che, come tutte le vene, anche quella creativa possa estinguersi. Per ora mi godo questa ciclicità; per il futuro, boh.

    Alla prox

    [tags]racconti[/tags]

  • due giugno

    8.42 di un due giugno nuvoloso, come solo i giorni festivi riescono ad esserlo [che palle, nda].
    Ho fatto colazione, e ora sono in giardino a scrivere questo post, con un occhio sulla mia agorà digitale preferita, e l’altro sui quotidiani online. Leggo notizie che mi preoccupano, altre che mi fanno incazzare, altre ancora che mi fanno molto incazzare. Il senso di fastidio è forte, ma nonostante questo, e nonostante la divergenza di opinioni rispetto una moltitudine di altre cose, mi riconosco nei festeggiamenti di oggi, la considero un evento importante, un passaggio molto significativo della nostra storia.

    Buona Festa della Repubblica a tutti.

    Alla prox

  • Abitudinario

    Mi avvicino al bancone, verso la cassa, e vedo che la fila è piuttosto lunga. Non ci voleva, che come al solito vado di fretta. Sbuffando mi metto in coda, in attesa del mio turno. Meno una. Meno due. Nessuna mail da leggere nell’attesa, e distrattamente butto l’occhio al di la del vetro. La vedo. E’ occupata nel suo lavoro, a testa bassa, si muove di qua e di la. Poi alza la testa, si guarda attorno, e un attimo prima di riabbassarla mi vede. Un sorriso con gli occhi per dire “Ciao”, un’altro sguardo come a chiedere “Il solito?”, un mio cenno con la testa come conferma. Le altre persone davanti a me, una per una, pagano, poi tocca a me. Prendo lo scontrino, vado verso il ripiano di vetro, e lo baratto con la mia piada calda. A volte è bello essere abitudinari.

  • Quotando

    E la sensazione di amarezza che provi quando senti una frase bellissima, già detta o scritta, e non ti resta altro che quotarla, per farla un poco tua.

    Alla prox

  • La bici

    Qualche giorno ho sentito passare, in radio, lo spot dell’ormai imminente Giro d’Italia 2010. Una musica forte, incalzante, che mi ha fatto pensare ad epiche battaglie, a guerrieri d’altri tempi; musica che accompagnava un racconto fatto di fatica e soddisfazione, rischi e successi. Bellissima, secondo il mio parere. Complici le belle giornate, mi e’ tornata in mente la mia bici da corsa, appesa al muro della vecchia casa, e mai piu’ usata in questa nuova vita. Non ho mai avuto velleita’ agonistiche, nonostante facessi parte di un gruppo ciclistico rinomato per le uscite, diciamo cosi’, abbastanza impegnative. Ho preso parte a cinque Granfondo, se non ricordo male, tre Novecolli [Cesenatico], un Giro della Romagna [Lugo] e una Granfondo Selle Italia [Cervia], ma sempre con lo spirito della scampagnata e della pedalata per divertimento. La gara, ad essere onesti, c’era, ed era una di quelle piu’ difficili, quella con me stesso. Ho sentito forte la sensazione [e l’ebbrezza] del pericolo facendo discese a quasi 80km/h, ho sudato e imprecato [e a volte son sceso dalla bici] arrampicandomi lungo salite al 18%, mi sono sentito orgoglioso e soddisfatto tirando un gruppo per decine e decine di chilometri. Sforzi, emozioni forti, ma niente al confronto della sensazione provata passando sotto all’arco gonfiabile che rappresentava il traguardo della Novecolli; le transenne, la gente dietro che applaudiva con affetto, sconosciuti che comunque apprezzavano e rendevano un piccolo tributo allo sforzo che avevo fatto. Tre volte sono passato attraverso quel traguardo, per tre volte mi sono commosso fino alle lacrime, lo dico senza vergogna. Questa e’ per me la bici, e sinceramente un poco comincia a mancarmi.

    Alla prox

    PS: gia’ che ci sono, buon Primo Maggio a tutti.

    [tags]ciclismo[/tags]

  • [tip] Massi Vs Mosche 1-0

    Ovvero come far fronte ai fastidiosi insetti con un piccolo hack.
    Le mosche avranno di sicuro un ruolo nella catena alimentare, ma me ne fotto, sono insopportabili, e con questo semplice tip ho un risultato di 100/100 durante la caccia. E poi, a dire il vero, uno scopo glielo attribuisco, e cioè quello di nutrire il ragno che ha fatto la tela dietro al monitor [se riesco solo a stordirle].
    Cosa hanno di difettoso le classiche palette? Sono troppo flessibili, e la scudisciata non sempre risulta efficace. Ecco come ovviare al problema.

    Ingredienti
    * Una paletta per le mosche
    * Un tubo plastico non troppo flessibile [quelli che contengono componenti elettronici sono speciali]
    * Nastro adesivo
    * Una vite autofilettante

    Preparazione
    Inserire la paletta standard all’interno del tubo plastico fino al bordo del rettangolo traforato, rendere solidali la paletta e il tubo con la vite autofilettante, e bloccare il tutto [vite, paletta, tubo] con qualche giro di nastro adesivo, per evitare sgraditi distaccamenti durante l’uso.
    Alè, il gioco è fatto. La leva è molto più lunga, e la flessibilità è ottima; con un poco di allenamento è possibile calibrare il colpo, scegliendo se terminare subito la partita oppure riutilizzare il muscide per altri scopi [e il ragno ringrazia sentitamente].

    Ecco come appare lo strumento.

    La paletta, hackata
    La paletta, hackata

    Alla prox

    [tags]mosche, paletta[/tags]

  • Per non dimenticare

    25 Aprile, la celebrazione della Resistenza Italiana e Partigiana.
    Spero di essere a Casa Cervi, oggi, ma ancora non lo so [post schedulato, avevo voglia di scriverlo oggi, il 21/04].

    [Da portare sempre nel cuore. E una dedica particolare a questi pessimi individui. Povera Italia]

    Una mattina mi son svegliato,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    Una mattina mi son svegliato
    e ho trovato l’invasor.

    O partigiano, portami via,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    O partigiano, portami via,
    ché mi sento di morir.

    E se io muoio da partigiano,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    E se io muoio da partigiano,
    tu mi devi seppellir.

    E seppellire lassù in montagna,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    E seppellire lassù in montagna
    sotto l’ombra di un bel fior.

    E le genti che passeranno
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    E le genti che passeranno
    Mi diranno «Che bel fior!»

    «È questo il fiore del partigiano»,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    «È questo il fiore del partigiano
    morto per la libertà!»

    Alla prox

    [tags]25 aprile, resistenza, bella ciao[/tags]

  • 21 aprile 1945

    Bologna partigiana

    Oggi, 21 aprile, a Bologna si ricorda la Liberazione dai nazifascisti.
    E’ dal ’99 che sono fuori, ma certe cose le sento ancora mie.

    Alla prox

    [tags]21 aprile, bologna, liberazione[/tags]

  • Cedere il passo

    Una delle cose che segnano il passaggio da trapiantato a locale è la conoscenza delle strade. Per arrivare da A a B ci sono due percorsi: quello normale, indicato dai navigatori satellitari e dalle comuni indicazioni richieste alla persona incontrata per strada, e la scorciatoia, utilizzata dai locali, da chi vive in zona, generalmente più tortuosa, ma mai trafficata. Ecco, la scorsa estate sono stato iniziato dalla collega Francesca ad una delle scorciatoie più efficaci del circondario, un percorso nella campagna che mi porta da casa [Bellaria] ad una cinquantina di metri dal casello di Rimini Nord [Santarcangelo]. Mi ricordo ancora le sue parole nel guidarmi, quel giorno.

    “E’ veramente poco trafficata, la conoscono solo quelli del posto, ma devi essere pronto, per farla”
    “?”
    “Strettissima, con curve senza visibilità, animali che attraversano. E devi essere pronto a cedere il passo”

    Già, cedere il passo. La strada è veramente stretta, due macchine assieme non ci passano, e gli spazi per accostare a lato sono pochi. Percorrerla significa guardare lontano alla ricerca di un veicolo che giunge in senso contrario, valutare la propria distanza dallo slargo, predisporsi mentalmente a farsi da parte facilitare il passaggio dell’altro, cedere il passo, quindi. Nel quotidiano, frenetico e nervoso, mi sembrava una cosa quasi impensabile il fermarmi, il sacrificare istanti preziosi [?] per un altro. E invece mi trovo quasi a desiderare di fare quella strada, di incrociare qualcuno, e di scambiare quello spontaneo cenno di ringraziamento con uno sconosciuto, una piccola oscillazione della mano o della testa.

    Alla prox

    [tags]life[/tags]