Categoria: life

  • Un cordiale fanculo ad un altro Natale [*]

    [*]

    “Ciao capo, compri qualcosa?”
    “Ciao, no, mi dispiace, niente”
    “Dai, compra qualcosa, aiutami”
    “No, davvero, non compro niente”
    “Ho freddo”

    La serata è fredda, scende una pioggerella gelata che ancora non è diventata neve, ma si sente dall’odore che lo farà presto.

    “Senti, ti piace la cioccolata?”
    “Sì! Lo sai che il mio paese è uno di quelli che ne produce di più?”
    “Vieni dal Ghana?”
    “No, sono ivoriano”
    “Ah, ok. Vieni, andiamo in quel bar, io ho voglia di caffè, se ti va ti offro una cioccolata calda”
    “Ok, va bene”

    Il bar è fighetto, gli avventori sono fighetti, ma nessuno dei due ci fa caso e ci avviciniamo al bancone. Il barista, fighetto, si accorge di me, poi di lui.

    “Ti avevo detto di non tornare a disturbare i clienti”
    “Vorremmo prendere qualcosa da bere, non disturba nessuno. Se è un problema ci leviamo dal cazzo e cerchiamo un bar migliore”
    “No, mi scusi, non avevo capito, credevo ch”
    “Un caffè doppio e una cioccolata calda, che fa freddo. Grazie”
    “Ok, preparo subito, mi scusi ancora”

    L’atmosfera si è appesantita. Io ho la testa in giro e fisso il bordo del bancone, lui non sa cosa dire.

    “Perché l’hai fatto? Nemmeno mi conosci”
    “Perché no? Tu avevi freddo, io voglia di un caffè, stiamo risolvendo”
    “Sei strano. Sorridi, sembri felice, ma hai gli occhi tristi”
    “Lo so, è un momento un po’ così”

    Abbiamo finito le consumazioni, e anche le cose da dire.

    “Grazie, di cuore, mi sono scaldato un po’. Ora vado, cerco di vendere qualcos’altro, poi rientro. Ti auguro un buon Natale, sento che vi dite così in questo periodo”
    “Tu ci credi al Natale?”
    “No, non sono cristiano”
    “Nemmeno io ci credo, anzi mi indispone. Dimmi qualcosa del tuo paese, qualcosa in cui credi davvero”
    “Va bene. È una cosa che mi diceva mia nonna, ci ho sempre creduto, e mi ha aiutato. Mi diceva che il cuore tiene quello che l’occhio vede”
    “Grazie, è una cosa bella, sulla quale riflettere. Ti saluto, vado anche io, ciao”
    “Ciao”

  • Alcune cose

    [Ciao Diletta, ti copEHM prendo spunto dal tuo post :)]

    Per capire quante cose si apprendono, quanto vadano in contraddizione con altre già assimilate, e quanto lo stupore sia prassi, più che eccezione.

    È una riflessione interessante, soprattutto la parte relativa alle cose che vanno in contraddizione. Ecco le cosa è saltato fuori ripensando ai giorni passati.

    • 0] Le mie foto, sono molto soddisfatto delle mie foto. E sono molto contento che piacciano anche ad altri. Potrebbe sembrare una banalità, e invece credo di no. Quelle che pubblico (che escano da Instagram o dalla reflex è indifferente, sono solo due mezzi) corrispondono a quello che intendevo fissare con lo scatto. Probabilmente ne pubblico meno rispetto a quanto facevo in passato, direi che l’occhio critico s’è affinato, è diventato più esigente. Il sogno nel cassetto? Fare un lavoro inerente alla fotografia.
    • 1] Il senso di stare in apnea, che ha preso il posto della mancanza (o forse era così anche prima, solo che gli davo il nome sbagliato). L’apnea è peggio della mancanza, secondo me, perché se stai troppo senza aria poi muori. Ho adattato cuore e testa al miglior ritmo che questo momento può permettere, ma è un equilibrio non troppo stabile, e mi sono reso conto che ogni minima interruzione del suddetto ritmo, né più né meno, mi fa sbroccare. Soprattutto quando le interruzioni sono causate da fattori esterni, contro i quali non si può fare nulla. E dunque il leitmotiv è: controllare gli sbrocchi, stringere i denti, godersi le bolle d’aria che interrompono l’apnea, aspettare i momenti giusti.
  • My love is winter [*]

    Waves

    [*]

    E alla fine il freddo è arrivato anche a me. Mi ha trovato un lunedì mattina di fine ottobre, mostrandosi come vento leggero ma pungente, trapassando la t-shirt troppo sottile, scavalcando i calzini corti e risalendo dentro i jeans. Lo sento correre sull’acqua, lo vedo increspare leggermente quel blu scuro, poche decine di centimetri al di sotto dei miei piedi. Tiro la zip del giubbotto fin sotto al collo, poi, le mani infilate nelle tasche, mi giro e mi faccio spingere contro una nuova settimana. Benvenuto, freddo.

  • Ultimo

    Ultimo post nel feed reader, lo salvo per domani ché è lungo.
    Ultime foto degli amici, belle.
    Ultimo sguardo alle e-mail, “Segna come già letto”.
    Ultima sigaretta della giornata, spenta.
    Ultime pagine del libro, ci provo ma non garantisco.
    Ultime energie della giornata, andate.
    “Pubblica”, tap.

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  • Il palo sul molo

    Onda

    Se passi sul molo di Cesenatico, nella parte di levante,e oltrepassi il Gambero Rosso e la passerella di legno che porta sulla sabbia, trovi un palo di metallo, abbastanza grosso, ancorato ad un basamento di cemento in mezzo agli scogli. Sul palo c’è un buco di ruggine, tre/quattro centimetri di diametro, e quando c’è il vento forte, che ingrossa le onde, le gonfia fino a farle uscire sulla banchina [occhio che poi ti bagni, eh, true story], quando c’è quel vento lì, dicevo, beh, passando vicino al buco si sente il rumore del mare. [facepalm].

  • La percezione del tempo

    TicTacTicTacTicTacTicTac
    Tic Tac Tic Tac Tic Tac Tic Tac
    Tic. Tac. Tic. Tac. Tic. Tac. Tic. Tac.
    Tic
    Tac
    Tic
    Tac
    Tic
    Tac

    Tic

    Tac

    Tic

    Tac.

    Oltrepassata la porta scorrevole ho percepito chiaramente il dilatarsi del tempo. È tutto un duplicarsi e triplicarsi di secondi e minuti, ti trovi ad attraversare le ore come fossero di melassa, rallentato e con un fastidio appiccicoso addosso. Proprio non so come abbiamo fatto, l’altra volta.

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  • La veridicità degli adagi popolari

    C’era questo proverbio, o meglio, questa specie di filastrocca, legata allo sbadigliare, che mi raccontava mia nonna quando ero piccolo. Recitava più o meno così (scritto a spanello):

    E sbadac’ e n’a ingän,
    o cl’è said o sànn o fam
    o cs’è fort inamurè
    o ujè quelcosa ed mel pinsè

    Tradotto:

    Lo sbadiglio non inganna
    o è sete o sonno o fame
    o si è molto innamorati
    o c’è qualche brutto pensiero

    Ieri mattina abbiamo accompagnato l’oramai-ottenne alle visite preliminari per l’intervento di rimozione delle adenoidi e, giuro, non ho mai visto così tanti sbadigli al minuto. Poi fortunatamente il nervoso le è passato.

  • Agitato, o mescolato, è indifferente

    “Settembre”

    * Due parti di stare a letto, con la coperta, mentre fuori piove
    * Tre parti di spiaggia vuota
    * Una parte di in giardino, la sera, con la felpa
    * Una parte di pasta in brodo
    * Due parti di birra che non si scalda subito
    * Una parte di tepore del sole nelle ore più calde
    * Zero parti di caos turistico

    Da servire fresco, agitato o mescolato, è indifferente. Da gustare lentamente, fino all’arrivo dell’inverno.

  • L’angolino della bestemmia

    L’altro giorno scrivevo che, a parte le belle persone, del socialino mi manca parecchio l’angolino per bestemmiare in santa pace. Ha un qualcosa di liberatorio, la bestemmia, che in una eventuale gara doppierebbe qualsiasi altra parolaccia. Anche la più semplice, eh, senza dover ricorrere alla deliziosa creatività degli amici toscani. Oggi mi serviva proprio, quell’angolino, e dopo aver risolto a-voce mi son detto “Perché non sfruttare il blog?”. E dunque è possibile molto probabile che in futuro appaiano dei post il cui titolo inizierà con [PD], il cui contenuto sarà ben condito di turpiloquio e blasfemia. Per non turbare gli animi più sensibili, i post saranno protetti da password, come recitava il parental advisory di alcuni CD, “Stateve accuorti, maleparole!”. Ah, la password, cosa lo dico a fare, è “porcodio“.