Auro sta facendo uno dei viaggi che ho nel cassetto, e cioè la crociera dei fiordi norvegesi con il battello postale. La guardo da qua con invidia, e la seguo virtualmente su Twitter e Instagram.
Categoria: life
Di hijab e maschere (per l’ossigeno)
Domenica ho accompagnato la settenne al Carnevale di Crevalcore (BO), (sì, sono arrivati un po’ lunghi con i festeggiamenti, ma solo per motivi puramente organizzativi) e ci sono un paio di cose che volevo raccontare.
Il hijab.
Se non sai cosa è, guarda qui. Ce ne erano tante di donne e ragazze velate in questo modo, con colori sgargianti e disegni elaborati. Perfettamente inserite in quel clima festoso. Ma tante proprio. Soprattutto se si considera che Crevalcore conta 13mila e rotti abitanti. È una osservazione puramente statistica, questa, e da dietro l’obiettivo della macchina fotografica ho avuto la forte impressione di trovarmi in un paesino in cui le due culture si sono bene integrate. Le donne più grandi erano assieme ai loro figli e compagni, mentre quelle più giovani giravano in gruppi, spesso misti. Non fosse stato per l’abbigliamento, non c’erano differenze rispetto alle famiglie degli indigeni. È stata una bella impressione.
Le maschere, quelle per l’ossigeno.
Il mio pomeriggio di festa ha subìto uno scossone, ad un certo punto. Il carro dei colleghi, sul quale si trovava la settenne, assieme agli altri carri ha percorso per tre volte un circuito attorno al centro cittadino. Io seguivo, o precedevo, a seconda dei momenti, la carovana a piedi, cercando qualche soggetto da fotografare. Insomma, ad un certo punto, in una strada secondaria, tengo l’occhio nel mirino per mettere a fuoco l’ennesimo lancio di coriandoli e mi accorgo che nell’edificio alla mia destra, dietro una grande vetrata, ci sono molte facce che guardano la strada. Stupito mi sposto per evitare il riflesso sul vetro, e capisco al volo che si tratta di un ospizio. Le facce, tutte rugose, corrispondono ad altrettanti anziani, quasi tutti su sedie a rotelle, buona parte con la maschera dell’ossigeno. Non mi è chiarissimo perché le mascherine mi abbiano colpito così tanto, probabilmente perché erano maschere di tristezza, contrastanti con le maschere di allegria che indossava la gente, oltre il vetro, nella strada. Quella vista lì, improvvisa, quei tubicini, quegli occhi vacui, non mi aspettavo tutto questo, e mi sono gelato, bloccato.
E niente, il carnevale alla fine è stato bello, mi sono divertito anche io che generalmente sopporto a fatica questo tipo di eventi, e qui, se interessa, c’è il photoset completo.L’unica magra consolazione
Ci restano le canzoni. Ciao, Lucio.
Corollando Murphy
Tema.
Se qualcosa può andare male, lo farà.Svolgimento.
Se qualcosa può andar male, lo farà, ma lo farà in modo subdolo. Andrà male, ma non così tanto da rassegnarsi e dire «Bon, amen, è andata male», bensì lo farà in modo da lasciare spazio ad una possibile soluzione. Soluzione il cui impatto sulla cosa sarà di gran lunga peggiore del «Bon, amen, è andata male».La sintesi del freddo
L’ho vista prima, durante il tragitto casa/lavoro, la sintesi del freddo. È stato come guardare uno di quei documentari sulle isole Svalbard, o sulla Siberia, quando vengono mostrate le strade scure attraversate dalla polvere bianca ghiacciata sottile, spinta dal vento gelido. È questa la sintesi per me, il nevischio ghiacciato che si muove ad ondate sulla strada. Per un attimo mi sono ritrovato a cercare in giro la sagoma di una renna, poi ho pensato “Che cazzo, qui è Cesenatico, mica Novosibirsk, su”.
Dinamiche, for dummies
Semplificando, ad ogni azione corrisponde una reazione. Solo che a volte è differente da quella che ci si aspetta. E, per buona pace dell’equilibrio del sistema, alla fine ci si ritrova in mano la risultante delle forze in gioco, cioè nulla.
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Percezione
Al tavolino di un bar, mi gusto un caffè doppio, amaro e in tazza grande, il mio preferito. Un sorso alla volta, fino a vedere i residui della macinatura sul fondo della tazza, senza fretta, riscaldato da un ottobre travestito da giugno. Una occhiata al liquido che man mano scende, una alla gente che cammina lungo la strada. Poi li vedo. Escono da un portone, e si incamminano lungo il marciapiede all’angolo opposto dell’incrocio. Lui indossa una t-shirt e un paio di jeans, lei un vestito nero, leggero. Parlano fitto fitto, guardandosi spesso, e da qui sembra che non facciano nemmeno caso alla strada. Nel frattempo il caffè è finito, dunque mi alzo e mi incammino verso l’incrocio. I due sono dall’altra parte, di fronte alle strisce pedonali, in attesa di attraversare; lui parte deciso, ma lei tentenna, allora le porge la mano per guidarla. Lei prende la mano con un gesto meccanico, istintivo, e si lascia portare verso il lato opposto della strada. Giunti sul marciapiede, finito il pericolo, lui le lascia la mano e la precede, continuando a camminare lentamente. Lei, invece, si ferma un attimo, come a riflettere, si guarda la mano, fino ad un attimo prima saldata a quella di lui, e un sorriso le illumina il volto. Poi accelera il passo e lo raggiunge. Io giro l’angolo, sorrido a mia volta, e li perdo di vista.
Causa / effetto
Ora, la causa la ignoro, ché di motori non me intendo, però l’effetto è evidente: devo cambiare il motore :/
Vietato attraversare i binari
«Vietato attraversare i binari»
Questa cosa la sanno anche i sassi, è pericoloso e non si deve fare. Fa parte di quelle regole che impari a rispettare, tipo non usare la corsia di emergenza per sorpassare oppure non passare davanti in una fila di persone. Poi però capita di essere costretti ad infrangerle, le regole, come in stazione a Bellaria, stazione che ha solo due binari e nessun sottopassaggio, e allora sei costretto a zampettare tra i binari; e niente, lo faccio, però ecco, mi sento un po’ sporco dopo.