Humans have been marking their skin permanently for thousands of years. A tattoo can be a remembrance, a constant prayer, a warning, or simply an amazing work of art. The reasons behind it can be intensely personal, decorative, whimsical, or utilitarian. It can signify tribal allegiance, life history, or nothing at all. Collected below are recent images of skin art and a few glimpses into the owners of these tattoos and their reasons for modifying their own bodies.
[Grazie a Marco per avermi inoltrato il link]
È estate, ci si sveste, è inevitabile. E saltano fuori tatuaggi di vario genere e foggia, apparentemente senza soluzione di continuità. In quanto portatore sano di inchiostro sottopelle, mi sento di dover scrivere due righe a proposito. Non andrebbero giudicati a priori, guardandone la parte esteriore, perché molto spesso c’è una parte nascosta, e cioè il significato che il disegno ha per la persona che ha scelto di portarselo indelebilmente addosso. Ri-cito il post linkato in alto: “The reasons behind it can be intensely personal, decorative, whimsical, or utilitarian. It can signify tribal allegiance, life history, or nothing at all”. Da tenere a mente.
Delle 36 foto presenti nel post, tre mi hanno colpito particolarmente.
La chiara indicazione di non volere la rianimazione cardio-polmonare.
Una specie di aiuto psicologico alle donne vittime del cancro al seno.
Questa è una cosa personale. Mi piace moltissimo il tatuaggio tradizionale, è permeato di simbologie. Il modo migliore per portarne uno addosso è farselo fare usando il metodo tradizionale giapponese, a mano.
I miei (per ora) due? Sul braccio sinistro ho una rappresentazione di un corvo secondo lo stile Haida (indiani del NordOvest americano). Il corvo, assieme all’aquila, è uno degli animali più rappresentativi della mitologia indiana. L’ho fatto nel ’93, in occasione del 18° compleanno, e ho usato un disegno trovato su un libro sulla mitologia indiana (libro che ho poi lasciato al tatuatore). Nella schiena, invece, dall’alto del collo fino in basso, quasi sul fondoschiena, ho una maschera tribale, rielaborata da un disegno visto probabilmente su una rivista. L’ho fatto nel ’99, in occasione della mia uscita di casa e del trasferimento in Romagna, e ha significato un qualcosa che mi guardasse le spalle, in un periodo di grossi cambiamenti.