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  • Uj vreb un cavatap

    [Niente, ci ha ragione il mio amico Piero, quando trovo un nuovo gruppo preferito mi ci fisso di brutto. Comunque loro sono veramente bravi, eh. Ehm.]

    Uj vreb un cavatap – Macola e Vibronda (MP3)

    Testo

    A guardet l’urloz, l’era mez dè
    l’oura in cui e soul cmenza a carghè
    e la rasoun fadeiga la fa
    a pasè in tla cruna d’un ègh,
    li la jè in tla bòcca e ben che laj stà…
    Uj vreb un cavatap per avrei la bòcia,
    e vein cu jè l’è bon ma e sta zà par finei
    ma namasa l’è la voia ad bei cuj sipa qualcosa
    e mench da magnè.
    Uj è qualcosa ad bon in tl’allegrì,
    al savem che un de avem da murì
    ma uj n’è incoura de temp, dal volti us sent
    e roumour de e vent, e rumour dla pioza
    che cmenza a caschè…
    Uj vreb un cavatap…
    …amera l’è la tera doulz e gren,
    acc magnem e pèn…
    …ènca dour l’è bon.

    Traduzione (a spanello)

    Ho guardato l’orologio, era mezzogiorno
    l’ora in cui il sole comincia a farsi pesante
    e la ragione fa fatica
    a passare nella cruna di un ago
    è nella bocca e bene che ci sta
    Ci vorrebbe un cavatappi per aprire la bottiglia
    il vino che c’è è buono ma sta per finire
    è tanta la voglia di bere, che ci sia qualcosa
    almeno da mangiare.
    C’è qualcosa di buono nell’allegria,
    lo sappiamo che un giorno dovremo morire
    ma c’è ancora tempo, a volte si sente
    il rumore del vento, il rumore della pioggia
    che comincia a cadere…
    Ci vorrebbe un cavatappi…
    …amara è la terra dolce il grano,
    ci mangiamo il pane…
    …anche duro è buono.

    Il pezzo in questione è di Macola & Vibronda, qui il loro sito, qui il canale Youtube, ascoltateli sull’Internet, venite in Romagna a sentirli dal vivo, magari comprate pure i CD, ché meritano!

  • Io alla Fede ci voglio bene

    Ti auguro, amico mio, emozioni che ti sorprendano.
    Ti auguro una serie infinita di birre gelate al punto giusto.
    Ti auguro moltissimi bagni nel mare freddo esattamente come lo gradisci tu.
    Ti auguro tutte le foto che vorresti fare.
    Ti auguro di trovarti per caso a quello che sarà il più bel concerto della tua vita.
    Ti auguro tramonti sconfinati da gustarsi insieme ad una sigaretta.
    Ti auguro il sollievo dal mal di testa per i prossimi tremila anni.
    Ti auguro di veder diventare tua figlia una donna meravigliosa e di esserne fiero.
    Ti auguro dei micini in giro per casa per più di due settimane l’anno.
    Ti auguro tutti gli abbracci che puoi desiderare poi aggiungici i miei.
    Ti auguro degli occhi che brillano e dei sorrisi che ti fanno smettere di respirare.
    Ti auguro baci come se non ci fosse un domani.
    Ti auguro di inseguire sempre i tuoi desideri, anche se corrono veloce.
    Ti auguro davvero ogni genere di felicità ma più di tutto ti auguro di essere per sempre te stesso. Il regalo migliore che puoi fare a chi ti ama.
    Ti lovvo
    Buon compleanno Massi.
    Fede

  • Scusa

    E allora c’era questa ragazza, in fila al bar dell’autogrill, qualche persona più avanti rispetto a me, con un viso bellissimo, purtroppo incorniciato dal foulard tipico di chi sta facendo la chemio o cose del genere; e la fissavo, perché appunto aveva un viso molto bello, poi ho visto che se ne è accorta, ed era a disagio, allora ho smesso e ho guardato altrove. Però mi sentivo in colpa, allora mi sono avvicinato, le ho chiesto scusa e le ho spiegato, allora lei ha sorriso, e poi niente, son ripartito.

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  • Ricordi d’infanzia

    Quel dolore istantaneo e lancinante che mi colpisce poco sopra alla radice del naso, tra gli occhi, bevendo un bicchiere di succo di mela ghiacciato.

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  • Cat-sitting, the end

    Fine, le due settimane sono giunte al termine, rientro a casa, e più tardi lo fa la famiglia allargata. Un piccolo resoconto. Mi è piaciuto tornare a casa, mi piace quella casa. Mi piace il divano lungo, a L, piazzato strano in quel soggiorno lungo e stretto. A suo tempo mi ero impuntato, lo volevo così, e alla fine s’era convinta anche la ragazza del mobilificio. Mi piace la cucina, il colore degli sportelli, alternati blu e legno a vista (avevo scelto io anche questi). Mi è piaciuto il silenzio, quello che nel periodo estivo manca, qui. E anche l’aria condizionata, un happy ending nei giorni più caldi. Le gatte. Con una ho legato subito, all’altra invece si vede che stavo sulle palle, s’è ammorbidita un po’ verso la fine (a parte gli strusciamenti al momento del cibo). Brave, eh, nessun danno rilevato, giusto un po’ di confusione notturna, quando si lasciavano andare ad incontri di wrestling a pochi cm dalla mia testa. Sì, dai, i gatti sono belli. Soprattutto il venerdì, in foto, sull’Internet.

  • Back home (summer edition)

    Anche questa estate si ripete il rito del trasferimento temporaneo “a casa”, ora che la famiglia allargata è in ferie. Quest’anno la cosa è un po’ più radicale, c’è da fare cat-sitting, e niente, le prossime due settimane le passo qui. La casa mi accoglie con una calda penombra. Alcune cose le ritrovo al loro posto, cioè, nel senso, dove erano una volta, altre invece no, sparite o spostate. C’è silenzio. Ce n’è tanto, rispetto all’altra casa. È quel tipo di silenzio, non so se ce l’hai presente, tipico degli appartamenti vuoti perché gli occupanti rientrano un po’ più tardi dal lavoro. Faccio due coccole alle gatte, poi dedico la mia attenzione ai libri, ai miei libri. Sono praticamente tutti al loro posto: King troneggia sulla mensola sopra al divano, Barker e Crichton riempiono gli scaffali di fianco alla vetrinetta, Stephenson e gli altri duecento circa sono come intonaco colorato nel corridoio. Mi mancano, i miei libri. A casa purtroppo non c’è posto, il coso di legno preso all’Ikea è già pieno, come fosse un muro di Tetris. Mi mancano, i miei libri.

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  • “or nothing at all”

    Humans have been marking their skin permanently for thousands of years. A tattoo can be a remembrance, a constant prayer, a warning, or simply an amazing work of art. The reasons behind it can be intensely personal, decorative, whimsical, or utilitarian. It can signify tribal allegiance, life history, or nothing at all. Collected below are recent images of skin art and a few glimpses into the owners of these tattoos and their reasons for modifying their own bodies.

    [Grazie a Marco per avermi inoltrato il link]

    È estate, ci si sveste, è inevitabile. E saltano fuori tatuaggi di vario genere e foggia, apparentemente senza soluzione di continuità. In quanto portatore sano di inchiostro sottopelle, mi sento di dover scrivere due righe a proposito. Non andrebbero giudicati a priori, guardandone la parte esteriore, perché molto spesso c’è una parte nascosta, e cioè il significato che il disegno ha per la persona che ha scelto di portarselo indelebilmente addosso. Ri-cito il post linkato in alto: “The reasons behind it can be intensely personal, decorative, whimsical, or utilitarian. It can signify tribal allegiance, life history, or nothing at all”. Da tenere a mente.
    Delle 36 foto presenti nel post, tre mi hanno colpito particolarmente.

    La chiara indicazione di non volere la rianimazione cardio-polmonare.
    No CPR

    Una specie di aiuto psicologico alle donne vittime del cancro al seno.
    Breast cancer

    Questa è una cosa personale. Mi piace moltissimo il tatuaggio tradizionale, è permeato di simbologie. Il modo migliore per portarne uno addosso è farselo fare usando il metodo tradizionale giapponese, a mano.
    Horiyoshii III

    I miei (per ora) due? Sul braccio sinistro ho una rappresentazione di un corvo secondo lo stile Haida (indiani del NordOvest americano). Il corvo, assieme all’aquila, è uno degli animali più rappresentativi della mitologia indiana. L’ho fatto nel ’93, in occasione del 18° compleanno, e ho usato un disegno trovato su un libro sulla mitologia indiana (libro che ho poi lasciato al tatuatore). Nella schiena, invece, dall’alto del collo fino in basso, quasi sul fondoschiena, ho una maschera tribale, rielaborata da un disegno visto probabilmente su una rivista. L’ho fatto nel ’99, in occasione della mia uscita di casa e del trasferimento in Romagna, e ha significato un qualcosa che mi guardasse le spalle, in un periodo di grossi cambiamenti.

  • Falling down

    [play]

    Mi sveglio con una patina di sudore sulla pelle scoperta, l’umidità della notte entrata dalle fessure degli scuroni che comincia a scaldarsi e appesantirsi e appoggiarsi su tutto il contenuto della stanza. Fuori, la brezza che arriva dal mare mi da un leggero sollievo, ma la sensazione dura poco e le prime gocce di sudore cominciano il loro percorso in discesa lungo la spina dorsale. La macchina è già un forno, ventilato appena apro i finestrini. Dagli stessi entra un odore pungente di resina calda, resina che si raffredda e solidifica attorno alla mia testa in un cerchio di dolore in divenire. Scendo dall’auto con il segno della cintura ben impresso sulla t-shirt, e l’ufficio mi accoglie come ripieno di invisibile gelatina. Il ventilatore fa sforzi inutili, l’unico effetto è quello di spingere in profondità il cerchio di resina dolorosa. Due gocce di sudore danno il la, partono assieme acquistando velocità e dimensioni e si infrangono rispettivamente sul tavolo e sul pavimento. Controllo la posta in arrivo con le braccia già incollate alla scrivania, poi salgo sull’auto aziendale e partendo mi godo il turbinio dell’aria condizionata che comincia a fare il suo dovere. Il sole entra di lato, dalla mia parte, scaldandomi la coscia sinistra e graziando l’altra. Rimpiango gli occhiali scuri, lasciati nella mia macchina; il cerchio continua a stringersi, a stringere. Il ritorno, diverse ore più tardi, è un tormento. L’effetto dell’aria condizionata si è annulato in pochi secondi, durante le tappe di carico e scarico, lasciandomi con la maglia inzuppata fastidiosamente aderente alla pelle. L’antidolorifico non sembra avere intenzione di fare effetto, il condizionatore è solo un ronzio rumoroso, negli occhi ho degli aghi di luce riflessa dai particolari simil-cromati degli interni dell’auto, e gli Zeppelin vengono brutalmente interrotti da una inutile telefonata di lavoro. Desidero l’ombra, una leggera brezza naturale, la superficie lievemente increspata del mare, nella quale galleggiare a corpo morto, come una immensa camera di deprivazione sensoriale. E invece.

  • Icaro

    Icaro
    [Saline di Cervia – 8:14PM, 1/2500, f/6.3, ISO200, focal length 200mm]

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