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  • Sull’assistenza tecnica, una cosa forse banale, o forse no

    Dunque, è da un po’ di tempo che una parte del mio lavoro è occupata dal fornire assistenza tecnica ai clienti che usano una determinata tipologia di prodotti. All’inizio, introducendomi questo tipo di attività, mi misero in guardia sulla particolare osticità di questo tipo di clienti, pari forse a quella degli albergatori (non se ne abbiano a male gli amici albergatori, ma l’accoppiata albergatori-tecnologia non ha quasi mai dato buoni risultati). Ora che mi sono fatto una certa esperienza sul campo, ora che ho una buona base di dati sui quali lavorare, mi sento di condividere una riflessione. Un buon 90% delle persone con le quali ho avuto a che fare è diventata immediatamente ragionevole una volta resasi conto che dall’altra parte della cornetta c’era qualcuno disposto a prendersi carico dei loro problemi. E sottolineo il prendersi carico, non il risolvere effettivamente il problema, ché a volte la telefonata non è stata sufficiente a. Probabilmente ci ho messo del mio, ché sono bravo ad ascoltare e a rispondere di conseguenza, ma credo che il peso maggiore ce lo abbia il come porsi, non chi si pone. Ecco, non so quanto sia ovvia o banale questa considerazione, ma tanto è, mi sembrava giusto condividerla. Ciao.

  • Poi dice la saggezza popolare

    Dunque l’altra sera ero lì, le spalle ancora coperte da uno dei miei comfort movie, in attesa che il cervello decidesse di averne avuto a sufficienza della giornata. Ma niente da fare, mi ritrovavo ancora a saltare da un pensiero all’altro senza apparente soluzione di continuità, e allora ho deciso di metter mano e matita al giornaletto delle parole crociate. Il gioco si chiamava “Casellario”, date 0) una serie di sillabe ordinate alfabeticamente 1) una serie di definizioni, bisognava riempire lo schema formando le parole definite dalle suddette definizioni, e nelle caselle con il doppio bordo sarebbe apparso un proverbio. Così ho cominciato a scrivere e depennare, meticolosamente ma senza fretta, lasciando correre i pensieri, riempiendo i vuoti. E ad un certo punto mi son sentito pronto ad azzardare una soluzione, senza aver terminato tutte le definizioni. “Le parole non hanno limiti”. Interessante, e verosimile, ho pensato. Ma non ero proprio soddisfatto, così ho deciso di finire definizioni e sillabe. “Le parole non fanno lividi”.
    Rileggo.
    “Le parole non fanno lividi”.
    Mi è montato un gran nervoso.
    Ma che cazzata.
    Li fanno, i lividi. E rompono le ossa, squarciano le carni, gelano il sangue nelle vene, oppure lo fanno ribollire.
    Ma vai a cagare, vai.